LA SUPERVISIONE IN AMBITO CLINICO E SOCIO-SANITARIO


La supervisione è uno strumento operativo di verifica rivolto a chiunque operi in un contesto socio-sanitario o clinico, che preveda il contatto con le criticità e le problematiche personali dell’altro. Essa è uno spazio in cui riflettere sul proprio intervento, promuovendo una meta-riflessione sulle strategie e tecniche utilizzate e sulle emozioni e i vissuti legati al lavoro. È un percorso di consapevolezza sia delle proprie risorse e dei propri limiti sia dei fattori che sono a supporto, o meno, della relazione con l’utente e dell’organizzazione presso cui si è inseriti (Clarkson, 1992; Erskine, 1982; Scilligo, 1989; Zalcman e Cornell, 1983).
Il fine è quello di permettere agli operatori di mantenere un appropriato livello di consapevolezza e di autonomia – su di sé, sul caso e sulle dinamiche attivate – e un adeguato livello di motivazione, implementando la capacità di pensare in modo flessibile e creativo, e prevenendo sia l’adozione di strategie disfunzionali sia i fenomeni di burn-out.
In un setting di gruppo, o di èquipe, la supervisione diventa anche un prezioso strumento di confronto, di condivisione e di reciproco sostegno fra colleghi, le cui differenti professionalità e il diverso know-how rappresentano una ricchezza irrinunciabile.
L’approccio teorico seguito fa riferimento all’orientamento analitico-transazionale (per una visione dell’Analisi Transazionale: Berne, 1961, 1966; Woollams e Brown, 1978; James e Jongeward, 1971) in cui le diverse figure professionali sono il perno dell’intervento supervisivo secondo i seguenti principi: tutti i membri dell’èquipe hanno pari valore indipendentemente dall’età o dal ruolo professionale rivestito, hanno la capacità di ragionare su di sé e sui problemi, hanno l’abilità e la responsabilità di prendere decisioni e di modificare quelle ritenute non più funzionali.
Nella pratica socio-sanitaria si assiste spesso a dei momenti di impasse, di incertezza e di confusione degli operatori coinvolti. Tale difficoltà è spesso rintracciabile nella complessità delle situazioni e delle problematiche, che gli utenti, direttamente o indirettamente, portano in carico al Servizio; per cui si rende necessario un lavoro che si dispieghi su più livelli (psicologico, sociale, assistenziale, medico, ecc.) e che coinvolga più persone dello stesso nucleo.
La multi-problematicità delle situazioni rischia di diventare per gli operatori il “gancio” di giochi psicologici (Berne, 1964) che, se non riconosciuti e bloccati, portano inesorabilmente al fallimento dell’intervento.
Nonostante la professionalità dei diversi operatori dell’èquipe e l’esperienza maturata nel settore socio-sanitario, è frequente e umano colludere con i vissuti disfunzionali dell’altro, innescando processi paralleli o controtransferali che, se non riportati a livelli di consapevolezza, rischiano di compromettere l’intervento in atto. Per tutti questi motivi la supervisione é di fondamentale importanza.

dott. Giuseppe Cherri - Grottammare / S. Benedetto del Tronto

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